Piracy Shield, la piattaforma nazionale anti-pirateria, ha già mirato al bersaglio sbagliato

È accaduto ciò che molti esperti e tecnici avevano previsto da tempo: Piracy Shield, la piattaforma nazionale anti-pirateria ideata per fermare lo streaming illecito di partite di calcio e altri eventi sportivi, ha bloccato alcuni siti che non stavano compiendo attività illegali. La causa di questo errore risiede nella condivisione degli indirizzi IP con altri portali nel mirino della campagna anti-pirateria condotta dalla Lega Calcio Serie A e dall’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) tramite una piattaforma di segnalazione degli illeciti sviluppata dallo studio legale Previti.

Piracy Shield opera in modo automatico: una segnalazione caricata da chi detiene i diritti può essere corretta entro 75 secondi e diventa operativa entro 30 minuti, durante i quali gli Internet Service Provider (ISP) devono oscurare gli indirizzi IP indicati. Secondo quanto dichiarato dall’Agcom, sono stati oscurati 528 indirizzi IP da venerdì 2 febbraio, data di entrata in funzione di Piracy Shield, a lunedì 12.

Nell’ultima serie di segnalazioni sono stati inclusi anche alcuni indirizzi IP connessi alla Content Delivery Network (CDN) di Zenlayer, un fornitore statunitense di servizi cloud, insieme a siti e portali che non stavano compiendo attività illecite. Questo è dovuto al fatto che nella fase di blocco degli indirizzi IP non avvengono controlli umani, pertanto non viene verificato se l’indirizzo IP segnalato faccia riferimento esclusivamente alla trasmissione illecita o a un server più ampio che ospita servizi diversi.

Un esempio lampante di questa situazione è il sito web del costruttore cinese di automobili elettriche Ora Ev, il cui indirizzo IP è stato oscurato nonostante il sito stesso non avesse legami con lo streaming illegale. Anche pagine web non attive da anni o domini che ospitavano contenuti legati a Linux sono finiti nella lista dei censurati, dimostrando quanto facilmente risorse innocue possano essere coinvolte nell’azione di Piracy Shield.

L’Agcom ha dichiarato di aver lavorato con l’Autorità per la Cybersicurezza Nazionale per stilare una lista bianca di risorse online che non dovrebbero finire per errore nel mirino della tecnologia anti-pirateria. Tuttavia, questo approccio sembra contrastare con il diritto fondamentale di ogni individuo di accedere liberamente alla rete, come sancito dalla Dichiarazione dei diritti in internet.

È emerso che anche siti di streaming di cinema e serie TV sono stati inclusi nella lista di Piracy Shield, nonostante la piattaforma dovrebbe intervenire solo contro lo streaming illegale di eventi sportivi live. L’Agcom ha confermato che per allargare il raggio d’azione della piattaforma si dovrà prima passare attraverso una consultazione pubblica.

Rispetto ai siti oscurati senza motivo, l’autorità ha dichiarato che hanno cinque giorni dall’oscuramento per presentare ricorso. Tuttavia, la lista degli indirizzi IP bloccati non è resa pubblica, causando richieste da parte degli operatori di rete affinché sia resa disponibile sul sito dell’Agcom.

A seguito delle azioni di Piracy Shield, il fornitore di Virtual Private Network AirVpn ha annunciato la chiusura dei servizi in Italia a partire dal 19 febbraio, poiché gli adempimenti ad essa collegati risultano troppo onerosi dal punto di vista tecnico ed economico, e perché incompatibili con la missione dell’azienda.

Infine, il conflitto tra il regolamento europeo sui servizi digitali, diventato legge per tutti dal 17 febbraio e di cui l’Agcom è l’autorità responsabile per l’Italia, e le norme nazionali creano uno spiraglio che consente lo streaming pirata, mentre nella lista nera rischiano di finire anche siti innocenti.